Presso l’incrocio tra via Edison e via Reiss Romoli sorge un antico edificio, una grossa nicchia circondata da una cancellata. Non stupisce trovare cappelle e edicole votive sparse nelle nostre campagne; le dimensioni e la posizione di questa sono però fuori dal comune, così da non farla passare inosservata.
Nei documenti la costruzione è chiamata la Madonna di San Martino: sopra l’altare, infatti, è dipinta una Madonna circondata da santi, piuttosto rovinata.
Il riferimento a San Martino è dovuto al fatto che prima dell’attuale edificio sorgeva in quel punto una cappella vera e propria, intitolata al santo di Tours.
Essa è ricordata nella visita pastorale di San Carlo Borromeo (1572): era rettangolare, dotata di una piccola abside, di ridotte dimensioni.
La circondava uno spazio definito come cimitero: i defunti all’epoca venivano seppelliti nella chiesa parrocchiale, ma “alcuni dicono essergli sepolti de morti come anco per chiaro inditio trovassimo dell’ossa de morti de diverse parti del corpo”.
Nel camposanto c’erano otto piante di gelso e tre di altro tipo, godute dalla signora Bianca d’Adda.
Non si sa quando questa cappella venne edificata.
San Carlo pare ne ordinasse la distruzione, perché ormai troppo compromessa dal tempo; il cugino Federico ritornò sul tema trent’anni dopo, ordinando che in suo luogo si mettesse una croce di ferro.
Francesco d’Adda si incaricò dei lavori tenendosi i materiali recuperati e dando il controvalore alla parrocchia.
Purtroppo le carte, col loro silenzio, ciimpediscono di sapere quando sia stato costruito l’attuale nicchione; la presenza però di qualcosa di più di una croce di ferro si può registrare per gli anni Venti del Settecento, anche perché in ogni caso la cappella era da sempre stata una tappa delle processioni della parrocchia e in particolare di quella delle Rogazioni (in aprile).
Si trattava di una processione che anticamente percorreva il territorio del paese e le sue campagne, con ovvi scopi propiziatori.
Inoltre i settimesi attribuirono alla Madonna di San Martino il titolo di loro particolare protettrice dal colera.
Annota infatti a fine Ottocento il parroco Colombo che nel pomeriggio di Ferragosto si teneva una “processione con tutti i Sodalizii (sic) alla Madonna di San Martino per voto antico(sic) dei parrocchiani di Settimo onde essere liberati dal contagio del colera”, che si manifestò violentemente, per la prima volta, nel 1836.
Nella cappella, inoltre, riposano oggi le ossa dell’abate Ferdinando d’Adda, ultimo erede maschio della famiglia che per tre secoli fu protagonista della vita economica e non solo del paese.
Ferdinando morì il 24 agosto 1808 ad Arcore e venne lì sepolto; i suoi resti furono traslati a Settimo il 24 ottobre 1949, come ricorda la lapide a sinistra dll’altare.
Al centro dell’arcone è poi dipinto lo stemma di famiglia.
Un tempo i bambini dell’asilo venivano portati dalle suore a pregare davanti al sacello; oggi, proprio il 24 agosto, chi se ne prende cura pone un lumino sull’altare, a ricordo di una storia che ancora continua.
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