Quando si parla di “famiglie”, si intende solitamente le “famiglie nobili” come se solo quelle fossero le più importanti.
Certamente, l’aristocrazia della nascita, del potere religioso e politico, del denaro ebbe sempre le redini della vita del nostro paese: basta pensare che molte decisioni relative al comune, prevalentemente in materia fiscale, venivano prese dai possidenti o dai loro amministratori in riunioni nei loro palazzi milanesi.
Le famiglie nobili sono anche quelle più appariscenti, perché hanno lasciato abbondante documentazione: ma la realtà era costituita da famiglie di massari, pigionanti, fabbri, osti che nei secoli abitarono le corti dei nostri paesi e camminarono nelle nostro strade e nei nostri campi, che hanno lasciato una traccia, se non altro, nelle registrazioni anagrafiche, tenute fin dal Cinquecento dalle parrocchie e poi, con Giuseppe II e soprattutto con Napoleone, dall’autorità comunale.
Nei registri parrocchiali scorrono cognomi ancora oggi familiari. E anche i nomi di battesimo sono significativi: compaiono infatti, tra i nomi che chiaramente erano in abbondanza Pietro, Paolo, Giuseppe, Maria, Carlo, i nomi dei santi patroni locali. Accanto a queste persone, che si fanno conoscere con una certa difficoltà e che anche in questo rivelano l’indole delle genti lombarde, tenaci e taciturne, abbiamo maggiori notizie su alcune famiglie aristocratiche.
In questa sezione troverete alcune note su:
I D’Adda
Originari della Brianza, nel Quattrocento si arricchirono in particolare con il commercio, l’industria tessile e l’attività bancaria, attivandosi nel contempo come imprenditori terrieri.
Particolarmente significativa per le fortune successive della casa fu l’attività di Agostino, Francesco I e Pagano, vissuti nel primo Cinquecento; in particolar modo Francesco, sposatosi con Angela Balbi, consolidò la presenza a Settimo e Seguro della famiglia. Dalle nozze nacque Costanzo, che oltre all’attività economica esercitò il mestiere delle armi e, come i parenti e i successori, fu nelle massime cariche dell’amministrazione cittadina; nel 1549 comprò il feudo di Sale ottenendo il titolo di conte. Suo figlio Francesco II si distinse come generale al servizio della Spagna ed ebbe a Settimo una notevole corte con poeti e artisti. Tra i suoi discendenti possiamo ricordare Ferdinando I, nunzio in Gran Bretagna al tempo della rivoluzione del 1688 e poi cardinale; Francesco IV, amico e poi oppositore del riformatore ed economista Pietro Verri, autore di un progetto di riorganizzazione del sistema stradale della Lombardia austriaca; suo fratello Ferdinando, abate, personaggio invero caratterizzato da alcuni problemi psichici ma di grande bontà e generosità, che morendo lasciò tutto il patrimonio, da ultimo erede, alla Causa Pia d’Adda ancora oggi esistente.
La famiglia comprendeva anche altre linee, quali quella dei D’Adda Salvaterra e dei D’Adda marchesi di Pandino, da cui discendono, dopo un matrimonio Borromeo, gli attuali conti Borromeo D’Adda.
I Meraviglia e i Venino
Famiglia appartenente al patriziato milanese già dal Duecento, i Meraviglia o Meravigli diedero il nome alla via di Milano in cui avevano il loro palazzo.
Grandi affaristi ai tempi dei Visconti e degli Sforza, le fortune della famiglia raggiunsero l’apice con Zanino a metà Quattrocento; in seguito la casa vide progressivamente deteriorate le proprie ricchezze e il proprio prestigio, con un declino secolare che si concluse all’inizio dell’Ottocento con la vendita delle rimanenti proprietà vighignolesi.
Nel corso dei secoli, tuttavia, alcuni Meraviglia ebbero posizioni di una certa importanza, come nel caso di Carlo nel primo Seicento, giudice in numerose città dello Stato milanese, Giuseppe, vescovo di Novara, Pio Antonio, lettore di diritto a Milano, Antonio, arcidiacono della collegiata della Scala.
Nel corso del Settecento molte proprietà dei Meraviglia erano state acquistate dai Venino, famiglia di finanzieri milanesi assurta a notevoli posizioni di potere grazie a Pietro, appaltatore con Antonio Greppi e Giacomo Mellerio delle imposte dello Stato riunificate in una ferma generale dal governatore Gianluca Pallavicini.
Nel cimitero vighignolese esiste una tomba di famiglia dei Venino e in omaggio al ruolo da essa rivestito nel paese, in particolare dal senatore Gaetano, durante il fascismo la frazione assunse il nome di Vighignolo Venino, testimoniato dalla pietra miliare sulla statale, all’altezza appunto del cimitero.
I conti di Vighignolo
A differenza di Settimo e Seguro, Vighignolo, a inizio del XVIII secolo, venne dato in feudo al conte Cristiano Stampa di Montecastello, la cui famiglia era da lungo padrona di terre e case in paese. Morto senza eredi, il titolo venne venduto dallo Stato al milanese Giulio Padulli, la cui discendenza, col titolo di Conti di Vighignolo, continua ancora oggi.
I Bianchi, gli Airaghi, i Barni
A differenza di Settimo e Seguro, Vighignolo, a inizio del XVIII secolo, venne dato in feudo al conte Cristiano Stampa di Montecastello, la cui famiglia era da lungo padrona di terre e case in paese. Morto senza eredi, il titolo venne venduto dallo Stato al milanese Giulio Padulli, la cui discendenza, col titolo di Conti di Vighignolo, continua ancora oggi.
I Bianchi, gli Airaghi, i Barni
Le famiglie Bianchi, Airaghi e Barni possono essere considerate la riedizione otto-novecentesca dell’antica nobiltà proprietaria delle terre dei nostri paesi.
Gli Airaghi divennero proprietari dell’asse Meraviglia-Cambiaghi Locatelli nella seconda metà dell’Ottocento e i loro eredi possiedono ancora l’edificio più prestigioso della frazione, la villa detta appunto Airaghi. Ancora ricordato è l’ingegner Pietro, vissuto negli anni centrali del Novecento.
I Bianchi invece, originariamente una famiglia di sarti di Milano, si insediarono come affittuari della Causa Pia d’Adda in Settimo: il termine milanese è fittabili, cioè coloro che erano intermediari tra la proprietà e i contadini, che li riguardavano come gli effettivi padroni. La categoria da un lato gode di prestigio presso gli studiosi in quanto esponente, in generale, di progresso imprenditoriale nell’agricoltura: ma dall’altro fu sempre oggetto di esecrazione per lo sfruttamento cui sottopose nel XIX secolo i lavoratori.
I Bianchi espressero il primo sindaco “italiano” di Settimo, Antonio, e si estinsero negli anni Cinquanta con la morte senza figli degli ultimi discendenti, dopo aver da decenni ormai rinunciato all’affitto anche a seguito delle agitazioni di inizio Novecento.
Analoga alla storia degli Airaghi è quella dei Barni, che rilevarono nel corso dell’Ottocento l’antico asse Della Croce - Del Frate: Gaetano Barni fu sindaco e poi podestà di Settimo, mentre fu suo figlio il già ricordato Giovanni, avvocato ed esponente di “Giustizia e Libertà”, ucciso a Mauthausen.
Taccioli e Litta – Modignani
Famiglia patrizia milanese come i d’Adda e i Meraviglia, i Litta del nostro ramo (Litta – Modignani) erano proprietari nel secolo XIX della cascina Castelletto, edificio anticamente dei Balbi e poi dei Serbelloni.
Nello stesso secolo, grazie ad un matrimonio, i loro beni locali si accrebbero con le proprietà, concentrate in Cascine Olona, dei Taccioli, industriali e soprattutto banchieri originari del lago Maggiore.